Bufalino e la scommessa di Elvira Sellerio
Diceria dell’untore viene pubblicato per la prima volta dalla piccola casa editrice palermitana dei coniugi Enzo ed Elvira Sellerio nel 1981 all’interno della collana “La memoria”. La casa, fondata nel 1969 dal fotografo Enzo Sellerio con la collaborazione di Leonardo Sciascia, con questo romanzo riceve la propria consacrazione tra gli editori nazionali con 40.000 copie vendute solo nel 1981. All’interno della “Memoria” si colloca perfettamente l’opera di Gesualdo Bufalino (1920-1996), la cui poetica è influenzata dal tema del sogno e della memoria (si pensi ad Argo il cieco ovvero i sogni della memoria, Sellerio 1984). Il formato del libro, quasi quadrato in trentaduesimo, assieme alla veste grafica, con le copertine blu intenso e con le scritte dello stesso colore che incornicia la riproduzione d’arte, diventa un elemento di riconoscibilità di una collana economica ma raffinata.
L’opera ambientata nel 1946 in un sanatorio palermitano vede alcuni singolari personaggi duellare con se stessi e con gli altri, in attesa della morte. Centrale risulta essere il sentimento della morte che, sebbene foriero della svalutazione della vita, lascia germogliare amori visionari fra chi, non avendo un futuro, preferisce inventarsi un passato. La vicenda editoriale di Diceria dell’untore, risulta complessa e oltremodo intrigante. Gesualdo Bufalino non aveva alcuna intenzione di pubblicare. Pare che in realtà si fosse ritrovato costretto ad ammettere l’esistenza di questa opera. L’intervista rilasciata a Leonardo Sciascia nel marzo 1981, qualche giorno prima dell’uscita della Diceria, la dice lunga. Egli fu tradito dall’introduzione a un libro di vecchie fotografie (Comiso ieri). «Piacquero a tutti, quelle pagine; molti chiesero notizia di chi le aveva scritte; qualcuno ebbe il sospetto che dietro quelle pagine altre ce ne fossero chiuse nei cassetti, segrete. Bufalino tentò di difendersi: offrì, a schermo, una preziosa traduzione delle Contrerimes di Toulet. Ma si insistette (e chi insisteva era Elvira Sellerio: e non c’è schermo o riparo quando lei vuole qualcosa): e Gesualdo Bufalino tirò finalmente fuori la Diceria dell’untore: con esitazione e in tutti i modi sconsigliandone la pubblicazione». Perché un autore viene spinto a questo? A Stefano Malatesta, in una intervista per “La Repubblica” racconta: «Una sera mi telefonò Elvira Sellerio. Mi disse che avevano fatto una scommessa: qualcuno sosteneva che dovevo avere un romanzo nel cassetto. Se me lo avessero semplicemente chiesto, avrei risposto di no. Ma c’era la scommessa, ammisi l’esistenza di qualcosa…» Maria Corti, nell’introduzione alle Opere 1981-1988 per i “Classici Bompiani”, evidenzia che «è importante non incorrere nell’errore di credere Bufalino uno scrittore nato come tale fra il 1978 (data di Comiso ieri) e il 1981 (anno della pubblicazione della Diceria)». Il professore comisano riteneva che essere l’unico lettore di se stesso fosse un vizio da imperatore. A Giovanni Arpino, nel settembre del 1981 per il “Giornale nuovo”, Bufalino afferma che per diversi anni aveva preferito vivere la solitudine e il deserto provinciali. Con Sciascia, l’autore è stato decisamente più franco: «Parto da un punto fermo: che vi siano scritture morali che è un debito rendere pubbliche… Non è il mio caso, temo; e dunque perché esibirmi? In quello che scrivo sospetto sempre l’abbandono a un’operazione di bassa lussuria, una sorta di interminabile, falsificato pettegolezzo su di me, da destinare dunque a un uso strettamente privato». Arpino nel suo articolo presenta Bufalino, all’indomani della sua premiazione a Venezia. Il titolo dell’articolo è il seguente: Gesualdo fra Campi e Campielli. I campi del ragusano, e i campielli di Venezia. «L’ultimo pettegolezzo veneziano riguarda Gesualdo Bufalino, vincitore del Premio Campiello. È di Comiso, la città siciliana dove saranno istallati i missili… I trecento hanno scelto il libro più amaro, un grumo autentico di sangue chiuso in una splendida teca stilistica. Alla sua diciannovesima edizione, il grande Campiello si è dimostrato giovanissimo, capace di colpi di coda, fiero di sè e del sapersi rappresentare. E Bufalino? Sessantenne, magro come un chiodo, parlatore straordinario…» Leggendo alcuni articoli sulla persona dell’autore ancora semisconosciuto nel 1981, sembra di rileggere la prefazione di Giorgio Bassani al Gattopardo nell’edizione del 1958: «Era un signore alto, corpulento, taciturno; pallido, in volto, del pallore giallastro dei meridionali di pelle scura […] ormai verso i sessanta». Alfredo Giuliani su “La Repubblica” nell’aprile del 1981 scrive della sorpresa provata di fronte a quest’operetta che egli stesso ha definito orfico – tenebrosa: «Diceria dell’untore fa l’effetto di un libro sorprendentemente antico. Un’opera che nasce già con la premessa di farsi incontentabile e preziosa e che cresce quasi fuori di un tempo precisabile. Dal progetto alla stampa, tra abbozzi stesura e revisioni, è passata una trentina d’anni». Da altre interviste si evince il fatto che il successo gli abbia fatto piacere solo per pochi minuti: «Il suicidio di Morselli per rifiuti editoriali mi ha sempre sbalordito – dice a Malatesta. Capirei il suicidio per il motivo opposto…» Nel 1981 scoppia dunque il caso Bufalino; Luciano Luisi titola il suo articolo in maniera significativa: «Nella cinquina più anziana di tutta la storia del premio Campiello emerge inaspettatamente un autore siciliano semisconosciuto con il romanzo Diceria dell’untore». Elvira Sellerio vince la sua scommessa, in tutti i sensi. Nel 2009, la casa, per festeggiare i 40 anni, ripubblica i titoli che hanno rappresentato una svolta nella propria storia. Fra questi titoli, accanto all’Affaire Moro di Leonardo Sciascia, troviamo appunto Diceria dell’untore.