Attualità

Pubblicato il 2 Marzo 2017 | di Redazione

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Incendi per gente sanguigna. Atto intimidatorio a Vittoria

B: “A suo parere non esiste la mafia, di cui parlano i giornali e gli inquirenti, allora perché muore così tanta gente?”

L: “Questo deve chiederlo, scusi, a quelli che li uccidono, a me che lo chiede a fare, è vent’anni che manco dalla Sicilia”

B: “Ma lei avrà un’idea perché non ne muore altrettanta in Toscana o in Emilia?”

L: “Io, vede, non ho la mentalità dell’inquirente e non vado a sindacare picchì e picchidu. Cosa ci posso dire: siamo gente sanguigna, questo sì. Gente che magari in altri posti una cosa si chiude con una scazzottata e lì si chiude con un colpo di revolvere, ma più di questo cosa vuole che le dica”.

Questo scambio di battute è la trascrizione di un minuto di conversazione tra L, Luciano Liggio, riconosciuto come capostipite dei Corleonesi, e B, Enzo Biagi, il quale lo intervistò durante gli anni dell’ergastolo.
Risalta immediatamente (anche perché ho scelto di riportarla in grassetto) la giustificazione del Liggio agli innumerabili omicidi che avvenivano in Sicilia: in fondo, siamo gente sanguigna. E lo siamo tutti allo stesso modo, non avvezzi al dialogo, tanto da diventare omertosi (o solo impauriti) se c’è da denunciare, e predisposti ad una giustizia homemade per i più disparati torti che subiamo.
Accade, così, che se qualcuno avesse un conto in sospeso con un altro o se avesse necessità di inviare un messaggio di minaccia, costui decide di servirsi di mezzi violenti per recapitare il messaggio al destinatario designato.
Accade, così, che nella notte tra venerdì 17 e sabato 18 febbraio un incendio divampi all’interno del parcheggio della ditta C.A.A.I.R., distruggendo tre autoarticolati, danneggiandone un quarto e attentando alla vita di un uomo che dormiva all’interno dell’abitacolo quando le fiamme lo hanno raggiunto. L’uomo, un autotrasportatore di 60 anni, è stato trasportato all’ospedale Cannizzaro di Catania ed ora si trova in terapia intensiva al centro grandi ustioni: dovrebbe riprendersi in 30 giorni. È il secondo episodio in meno di un mese.

Solidarietà e denunce

La ditta C.A.A.I.R. appartiene a Giuseppe Biundo, imprenditore vittoriese e socio fondatore dell’associazione Antiracket di Vittoria che, come molte altre realtà di impegno sociale e civile, si stringe attorno a lui ed al lavoratore gravemente ferito. In una nota (pubblicata su facebook) la Fai – associazione antiracket di Vittoria, presieduta da Eliana Giudice, ed il presidente del coordinamento antiracket Regione Sicilia, Renzo Caponetti, hanno espresso “sdegno e condanna per il vile atto intimidatorio. Come già abbiamo affermato in altri incontri istituzionali, nessuno pensi di poter condizionare la città di Vittoria, reduce da angherie e prepotenze mafiose negli anni bui trascorsi”. La nota prosegue ricordando l’importante attività di repressione ad opera delle forze dell’ordine e si conclude attestando la solidarietà di “tutto il movimento antiracket verso il nostro collega Giuseppe Biundo, e sicuramente faremo ripartire, nel più breve tempo possibile, e meglio, la sua attività. In questo modo daremo una risposta netta e precisa agli autori di tale gesto infame”.
Solidarietà dimostrata anche dall’associazione degli autotrasportatori, CNA-Fita, che in una nota, a firma della presidentessa Cinzia Franchini, ha ricordato le denunce sul radicamento delle mafie in diversi settori produttivi, tra cui l’autotrasporto in diversi ortomercati, compreso quello di Vittoria: “Abbiamo denunciato la drammaticità della situazione in cui ci troviamo a lavorare non solo a parole ma anche con fatti concreti. Questo il significato della nostra costituzione di parte civile, a Catania, prima volta in Italia per una associazione di rappresentanza dell’autotrasporto, al processo che vede alla sbarra Vincenzo Ercolano, ritenuto il boss a capo della cupola dell’autotrasporto”.
Esprime vicinanza e solidarietà anche Gino Puccia, presidente dell’associazione dei concessionari dell’ortomercato di Vittoria, il quale affida ad un comunicato stampa la preoccupazione per “eventi che colpiscono la parte sana di una economia che da sempre si prodiga per garantire servizi e funzionalità alla struttura mercatale. Senza dubbio rimando al mittente i tentativi di chi approfitta di queste disgrazie per infangare la storia di una struttura, quella mercatale, che ancora oggi nonostante la crisi rimane punto di riferimento a livello nazionale”.
Infine, anche il sindaco, Giovanni Moscato, è intervenuto ritenendo l’accaduto “sintomatico di un clima pesante che deve preoccuparci” e ribadendo che “l’attenzione va mantenuta alta, perché la città non può ripiombare negli anni bui degli attentati e delle intimidazioni mafiose”.

Solidarietà e speranze

Il poeta latino Orazio ci teneva a ricordare quanto fosse importante il senso della misura (di metriotes parlava lui) nell’uso delle parole. E su questo fatto, così come su molti altri, se ne sono spese tante (qualche malalingua direbbe pure troppe). Eppure, per quanto possa essere apprezzabile lo sforzo di una società civile che decide di denunciare le soperchierie e di non lasciare solo chi subisce simili intimidazioni, a volte non è sufficiente, soprattutto se non è accompagnato da una profonda analisi e da consapevoli scelte riguardo soluzioni alternative all’atavica questione. Vanno in questa direzione le parole di Renato Meli, direttore dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Ragusa: “le vicende delle ultime settimane fanno emergere un quadro che non può lasciare indifferenti, ma si tratta solo della punta di un iceberg. La realtà vittoriese è sofferente sotto tanti punti di vista: basti pensare alla situazione delle aste giudiziarie che incontra la disperazione delle persone. Noi, come Chiesa, non possiamo che metterci a servizio della comunità per ricostruire la speranza di una prospettiva diversa, partendo sì dalla denuncia del malaffare e del malessere sociale, ma soprattutto convogliando le energie verso soluzioni condivise capaci di scardinare le logiche del potere di chi è più forte”.

Simone Lo Presti

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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