Speranze, sogni, progetti
E sì, il tempo sta cambiando. Come in Mary Poppins il vento è girato, foriero di novità.
La nostra vita fa un altro giro e nell’eterno ritorno di un tempo sempre uguale a se stesso, ma al contempo sempre diverso, perché diversi siamo noi e le nostre possibilità, siamo tornati nell’autunno che, dolcemente, chiude l’estate.
L’estate sta finendo, anche se ci regalerà ancora qualche giornata luminosa, qualche folata di caldo, ma ormai è fatta: sentiamo il profumo della terra che è desiderosa di accogliere la nuova pioggia che la benedica, quel profumo che già nel nome, “petricore”, ci fa sentire come il cuore della pietra stilli il suo “sudore”, apprestandosi a ricevere la nuova vita di un nuovo anno della natura.
E già perché, lo sappiamo tutti, il nuovo anno comincia a dicembre solo per l’anagrafe, in realtà è a settembre che, con una festa grande, si inizia al suono di una campanella, si inizia con l’avvio del nuovo anno scolastico. Anche se la vox populi va dicendo che il mondo della scuola abbia tre mesi di sosta, la realtà è ben altra: la parte dirigenziale ed amministrativa non ha mai mollato, e la scuola, tranne per un brevissimo periodo, è stata aperta e già nell’ultimo scorcio di agosto, chiusura dell’anno scolastico precedente, alcuni studenti e i loro docenti sono stati impegnati con gli esami di recupero dei debiti scolastici.
Ma ora, a settembre, il nuovo anno comincia…
Scusate, parlo per me, ma cosa c’è di più “bello” della scuola? Dello “studiare”? ma voi lo sapevate che “scuola” deriva da una parola greca che significa “svago”, in quanto uso libero e piacevole delle proprie forze (Treccani)? E che insegnare è tracciare segni nella mente e nel cuore di chi è protagonista, insieme all’insegnante del processo educativo e culturale? Ho detto “processo”, ovviamente solo nel senso di procedere nella crescita attraverso l’interazione tra docenti e discenti, ma in realtà quello che la scuola deve proporre è un dialogo di crescita educativo-didattica, che riguarda tutti i componenti del dialogo. Eh sì, perché anche gli insegnanti crescono (e non solo nel senso che invecchiano) grazie al dialogo didattico e tanti sono gli in-segnamenti che mi porto nel cuore e nella mente. E tanti affettuosi ricordi…
E dovunque la città è in ripresa, la prima avvisaglia la ritroviamo nelle cartolerie e nelle rivendite di libri scolastici. Tanti ragazzi sciamano per comprare zaini, penne, quaderni, colori, diari… Chissà cosa segneranno in quei diari? I loro sogni? Le loro ansie, lo sbocciare di un nuovo amore, l’ansia di un insuccesso, la paura di atti di bullismo? Sì perché se a scuola si va per studiare, è in essa che la società riversa i nodi irrisolti della contemporaneità e le caratteristiche di una società che sta diventando sempre più egocentrica e sempre meno empatica.
E questo momento bello della crescita può a volte trasformarsi in sofferenza, in noia in svilimento e in sopraffazione. E quando questo avviene la scuola avrà tradito la sua natura e tradito il suo progetto.
Ecco è questo il momento in cui tanti ragazzi e tante ragazze si apprestano ad iniziare il nuovo anno, alcuni pieni di aspettative, altri desiderosi di riprendere quel contatto quotidiano con gli amici, compagni di scuola, dopo l’intervallo estivo. Qualcuno cambierà ciclo di studi, qualcun altro istituto e tipologia di studi.
Speranze? Sogni? Progetti?
Purtroppo non per tutti è così, perché la nostra scuola democratica, la nostra scuola inclusiva deve fare i conti con una realtà difficile data dai tempi difficili. I ragazzi non sono uguali, se non nei diritti, i ragazzi e le ragazze arrivano a scuola con un vissuto a volte complesso, a volte difficile da gestire anche da parte di un adulto, figurarsi da parte di un ragazzino o una ragazzina ancora in formazione. E la scuola è pronta a farsi carico di valorizzare la diversità, la disuguaglianza, la difficoltà di vivere e la non accettazione di sé che spesso sono la palla al piede di tanti giovani? Giovani che, pur avendo tanta voglia di socializzare, diventano ogni giorno di più asociali.
Penso a quel ragazzo che negli anni passati si è sentito “respinto” dai suoi compagni e che si è sempre più chiuso in se stesso, a volte con un grumo di rabbia che non riesce a gestire anche perché nessuno si è accostato al suo dolore esistenziale. E penso a quella ragazzina che ha visto il suo corpo trasformarsi e che non accetta la sua nuova identità, ma che vede tante altre compagne che ritiene sicure di sé, e tende a pensare che quel suo disagio sia colpa sua. Penso a quei ragazzini che vivono il disagio della povertà, sì della povertà che da qualche tempo si è riaffacciata con forza sempre maggiore nel nostro paese, e si ritengono non adeguati.
Come può un ragazzo, una ragazza studiare, ovvero “usare liberamente e piacevolmente le proprie forze”, come può aprire la propria mente e il proprio cuore alla bellezza dello studio se la sua vita è tormentata?
Come può un giovane, che già vive la non accettazione di sé, gestire quei sempre più numerosi casi di bullismo o addirittura di violenza che sembra diffondersi nel mondo attuale e rendere al meglio nella risposta scolastica?
Mi si dice che la scuola da sempre… da sempre cosa? Anche se l’art. 34 della Costituzione ci afferma l’apertura della scuola a tutti, nella realtà in passato non tutti seguivano un normale corso di studio, anzi la scuola stessa espelleva chi non considerava adeguato (don Milani su questo è stato molto chiaro ed esaustivo).
La scuola deve farsi carico dei problemi che la società presenta, che la difficoltà del vivere materiale ed esistenziale crea. Ma la scuola è da troppo tempo una istituzione a cui hanno tarpato le ali.
Avete notato come ogni ministro di quello che si chiamava Ministero della Pubblica Istruzione e che via via ha cambiato nome (e le parole sono pietre, diceva Levi), ogni ministro, dicevo, propone una sua riforma in quella che mi sembra una discesa agli inferi?
La scuola è il fondamento della società democratica e lo ha detto con chiarezza Calamandrei, che sosteneva che “Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”.
Questo è il momento delle nuove speranze, dei sogni per un nuovo anno. I ragazzi cercano di esprimere i loro desideri nelle cartolerie, anche se le mamme devono stare attente al portafoglio, perché ci sono i libri da comprare. Già i libri…
Ma può essere mai che non si possano fornire le scuole dei libri che necessitano agli studenti, i quali possono usare in comodato d’uso quegli strumenti di libertà chiamati libri? Già, può essere mai che non si possa aiutare le famiglie ad evitare il salasso economico dell’acquisto dei libri?
La scuola plasma la nuova società formando i nuovi cittadini nel magnifico dialogo educativo-didattico, che non può essere risolto nell’obbedienza ad un programma, che dice ai docenti di “andare da qui a qui”. Nel mondo della scuola il programma deve essere solo efficace per la crescita didattica in funzione della formazione della “persona” e non fine a se stesso. Il che significa che “i contenuti” del programma sono mezzi e non fini che conducano, attraverso il dialogo didattico, alla formazione della “persona” capace di vivere liberamente in un mondo che cambia sempre più velocemente.
Penso ai tanti timori ed alle tante speranze dei docenti, perché loro lo sanno, loro lo sanno quanto sia importante per un giovane avere dei docenti capaci di farli innamorare della bellezza dello studio.
Scusate, ma avete mai riflettuto sul fatto che l’insegnante è il professionista che lavora per arricchire la mente e il cuore del futuro?
E avete mai riflettuto sul fatto che e-ducazione significa portare fuori e non affastellare informazioni e notizie da immettere nella mente? Insegnare è accendere fiaccole non riempire vasi. Ma lo sapete quanto sia bello vedere negli occhi dei propri studenti brillare la fiaccola dell’amore della scoperta e della conoscenza? Insegnare quella bellezza che nutre la nostra mente e scoprire che i giovani sono desiderosi di conoscerla? Credete che stia parlando di utopia scolastica? No, i docenti lo sanno, anche quelli che credono di averlo dimenticato: il dialogo didattico, quel lavoro certosino, paziente e meraviglioso che ti mette in contatto con l’altro nasce attraverso l’amore.
Un insegnante sa che potrà insegnare solo se per primo ama ciò che insegna, non si potrebbe mai insegnare ciò che per primo non ci appassiona. E gli studenti lo percepiscono l’amore che il docente mette in quello che si insegna. “Non si insegna ciò che si sa, ma ciò che si è”. Ma non basta, i docenti possono trasmettere il proprio insegnamento se hanno a cuore (I care, diceva don Milani) la crescita dei propri studenti, se li “sognano” proiettandoli verso il futuro, così come fa il contadino che pianta un alberello, e lo “sogna” un vigoroso e frondoso albero capace di affrontare i venti burrascosi della vita. E per finire l’amore del docente deve essere rivolto al futuro, perché l’insegnante è l’operatore del futuro e da quello che insegna i giovani che gli sono affidati trarranno gli strumenti per plasmare il futuro.
E concludo con le parole di Calamandrei:
“Desidero augurare e tutte le componenti della scuola, un buon inizio di anno scolastico. Auguro ai docenti di mantenere vivo l’amore per l’insegnamento e costante il desiderio di trasmettere i valori universali e i principi cardini del sapere ai loro alunni ed alunne, di non perdersi mai d’animo e di pensare che ogni giorno si ha l’opportunità di incontrare chi sta crescendo per costruire il mondo di domani. Voglio ricordare che quello dell’insegnamento è il più bel lavoro del mondo. La cosa più importante è quella di meritare la fiducia degli studenti e di crescere insieme a loro. Come sempre un particolare augurio va ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze perché sappiano perseguire il piacere della conoscenza, unico cammino per far crescere le basi della loro libertà. La scuola riesce sempre a dare peso a chi non ne ha, a garantire e ispirare il valore dell’uguaglianza e delle pari opportunità. Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”. Piero Calamandrei
Tina Petrolito