“Il volto di Pilato” La crisi della verità oggi
Il volto di Pilato si aggira minaccioso oggi nel mondo. Esso è l’emblema dello scetticismo. Dinanzi a Gesù che afferma di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla Verità, Pilato si chiede scettico: “Che cos’è la verità?” (Gv 18,37-38). Questa stessa domanda serpeggia oggi sulla bocca di molti: “Che cos’è la verità? Esiste una verità oppure esistono tante verità?”.
La tendenza prevalente è quella di negare l’esistenza di una verità oggettiva, assoluta e universale per fare posto alle molteplici verità soggettive, che spesso sono semplici opinioni, ma che vengono ritenute tutte quante vere e capaci di giustificare le scelte morali più disparate. È il trionfo dell’individualismo, che induce ad esaltare le verità dei singoli soggetti per il solo fatto che essi le “sentono” come vere. Si confonde così il “sentimento” con il “convincimento” e ci si disperde in una molteplicità di opinioni soggettive, che hanno la sola forza dell’emozione di un momento e che perciò possono cambiare anche radicalmente col passare del tempo, dando adito a scelte diametralmente opposte. Si dice così che uno deve andare a messa solo quando si “sente” di andarci o che due ragazzi possono avere rapporti sessuali completi se “sentono” che questo è bello, o che si può avere un figlio ad ogni costo, anche con la procreazione artificiale, se si “sente” questo forte desiderio….
In questo contesto culturale si ritiene autentico ciò che è spontaneo, per il solo fatto di essere spontaneo. Si sostiene che sia vero ciò che oggi viene condiviso come tale dalla maggioranza degli individui; domani potrà essere vera anche la cosa opposta, se cambierà l’opinione della maggioranza o se una verità non risulterà più attuale. Si confonde così l’attualità con la verità e si vivono anche le scelte più impegnative della vita sulla base di un contrattualismo spietato per il quale tutto è convenzionabile: la dignità da attribuire all’embrione umano, il valore del matrimonio e della famiglia, il senso stesso della giustizia sociale. Non essendoci posto in questa cultura post-moderna per una verità assoluta, si decide ogni cosa in base all’opinione prevalente, che spesso mira a raggiungere solo ciò che è immediatamente utile e vantaggioso o che fa soffrire di meno. Talvolta si arriva pure ad ammettere che certe scelte non sarebbero moralmente giuste, ma ci si affretta subito ad affermare che determinate circostanze di sofferenza o di pena le rendono pienamente legittime.
La negazione di una verità oggettiva ed assoluta è alla base dell’attuale disorientamento morale, per il quale l’uomo contemporaneo appare sempre più “fragile”, privo di punti di riferimento “forti”, sballottato dalle onde delle opinioni dominanti. Di questo ha parlato Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio, sostenendo che la filosofia contemporanea si è concentrata sull’uomo, ma ha preteso di ricercare la verità sulla persona senza fare riferimento a Dio. La ragione così “si è curvata su se stessa divenendo, giorno dopo giorno, incapace di sollevare lo sguardo verso l’alto per osare di raggiungere la verità dell’essere”. Quest’atteggiamento agnostico ha portato la ricerca filosofica “a smarrirsi nelle sabbie mobili di un generale scetticismo” (n.5) ed ha fatto precipitare l’uomo nel relativismo morale, che è frutto del suo delirio di onnipotenza e del suo sganciamento da Dio.
Si perpetua così la logica del peccato originale, che consiste proprio in questa pretesa dell’uomo di fare a meno di Dio per affermare un suo assurdo autonomismo etico. L’uomo non accetta le leggi di Dio, pretendendo di essere lui a decidere ciò che è bene e ciò che è male. Questo però gli è vietato dalla sua natura creaturale, che non è in grado di stabilire il bene e il male senza un riferimento continuo al suo Creatore e Signore. L’uomo così diventa schiavo delle sue stesse scelte che, essendo sganciate dalla Verità di Dio, non sono affatto libere.
A questo riguardo Gesù ci insegna: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Non è la libertà che ci fa veri, ma la verità che ci fa liberi. E questa Verità non è una teoria astratta o una nozione: è una Verità – Persona, è Cristo stesso, il quale ha detto: “Io sono la Verità” (Gv 14,6). Conoscere Cristo equivale a comprendere la Verità, che è contemporaneamente verità di Dio e verità dell’uomo ed è in grado di fondare in modo autenticamente libero e liberante le nostre scelte.
La Gaudium et spes ci ricorda infatti che solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova piena luce il mistero dell’uomo, giacché Cristo “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (n.22). L’uomo ha bisogno di lasciarsi illuminare dalla Verità che è Cristo, senza la quale egli brancola nel buio del nichilismo o nell’assurda pretesa di un autonomismo morale, che non gli fa scoprire il suo vero volto.
A quest’umanità bisognosa di conoscere la Verità liberante Gesù dice: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Se abbiamo contemplato lo splendore della Verità dell’uomo, che è Cristo, dovremo fare in modo che anche gli altri uomini si lascino rischiarare da questa Luce per non camminare nelle tenebre. Siamo chiamati in qualche modo a fare…gli elettricisti! E il miglior modo per farlo è quello di essere noi per primi testimoni di questa luce. Gesù infatti ha detto: “Voi siete la luce del mondo!” (Mt 5,14). Dal nostro volto, dalle nostre scelte di vita, da tutto il nostro essere deve trasparire che noi abbiamo incontrato la Verità e desideriamo camminare nella Verità. In questo modo la nostra opera di illuminazione e di evangelizzazione non conoscerà l’arroganza e fuggirà il pericolo del fondamentalismo, ma sarà in grado di porgere la Verità in modo amorevole, ponendosi in ascolto dell’altro, suscitando in lui gli interrogativi più inquietanti e invitandolo a porsi in docile ascolto del Maestro interiore, lo Spirito di verità, che parla al cuore dell’uomo e lo guida alla “verità tutta intera” (Gv 16, 13).