Vita Cristiana

Pubblicato il 25 Febbraio 2016 | di Redazione

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Giuseppe, Giovanni e Francesco: «Il nostro sì a Gesù»

Il prossimo 2 aprile il vescovo monsignor Carmelo Cuttitta ordinerà sacerdoti i diaconi Giuseppe Iacono, Giovanni Filesi e Francesco Mallemi. Si tratta dei primi sacerdoti ordinati dal nuovo vescovo. Giuseppe, Giovanni e Francesco, tutti e tre ragusani (Mallemi è di Ibla e ha già un fratello sacerdote), erano stati ordinati diaconi il 6 maggio scorso da monsignor Paolo Urso, insieme al carmelitano fra’ Giovanni Iacono. «Unitevi alla nostra gioia e predisponiamoci con la preghiera ad accogliere questo dono grande di Dio. Siete tutti invitati a partecipare» hanno scritto su Facebook i tre giovani chiedendo a tutti un ricordo nelle preghiere e di essere presenti in cattedrale il giorno della loro ordinazione. I tre diaconi hanno risposto ad alcune nostre domande.

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Giuseppe Iacono, Giovanni Filesi, Francesco Mallemi

Quando è nata la vostra vocazione?

Giuseppe: «Da bambino sentivo qualcosa ma non riuscivo a comprendere. Crescendo mi sono un po’ allontanato dalla parrocchia ma quando, negli anni della scuola superiore, ho ripreso la frequenza più assidua della parrocchia ho cominciato a comprendere che quel qualcosa che sentivo da bambino aveva bisogno di essere compreso maggiormente. Grazie all’aiuto del mio parroco sono riuscito a capire e iniziare questo percorso di discernimento».

Giovanni: «La mia famiglia è stata la prima educatrice alla fede, seguita dalla comunità parrocchiale che mi ha educato alla fede in modo più maturo. Ho vissuto gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza in comunità e anche se mi sono per un periodo allontanato è stato fondamentale, intorno alla fine degli anni della scuola superiore, l’arrivo in parrocchia di un parroco molto giovane che mi ha aiutato molto a livello spirituale a riprendere quei segnali che da bambino avevo. Da lì è iniziato un cammino di discernimento che, attraverso tante esperienze, mi ha portato a questa scelta».

Francesco: «Sono cresciuto in una famiglia molto religiosa ed ero anche molto inserito in parrocchia ma ci ho messo alcuni anni per maturare questa scelta perché vedevo il sacerdozio come una chiamata troppo grande per me per cui non mi sentivo adeguato. Anche perché ho la fortuna di avere un fratello sacerdote che da un lato è stato uno stimolo ma dall’altro non mi sentivo all’altezza di tutto questo. Facendo discernimento nel corso di vari anni e attraverso varie esperienze ho capito che il Signore mi chiedeva di fidarmi più di lui e che mi chiamava a questo».

In che modo l’esperienza in Seminario ha contribuito? Cosa portate del Seminario con voi nella vostra missione?

Giuseppe: «Il periodo del Seminario è un periodo di discernimento. Sono anni che servono per far maturare la tua vocazione mettendola anche molto alla prova. È un periodo in cui viene messo alla prova quello che sei e la chiamata di Dio perché è importante ricordare che è sempre Dio che ti chiama e che è Lui l’unica meta».

Giovanni: «Per me il seminario è un tempo di grazia in cui ti è data la possibilità di formarti a livello umano, culturale, spirituale e pastorale. Sicuramente l’ambito più evidente è quello pastorale perché siamo stati subito a contatto con le realtà della diocesi lavorando nelle parrocchie, facendo l’esperienza del carcere, l’esperienza con le suore di Madre Teresa di Calcutta, i convegni che ci hanno aiutato ad aprirci e confrontarci, i seminari di dialogo che si fanno con il resto dei vari seminari della Sicilia. Certo non mancano i momenti difficili che siamo riusciti a superare anche grazie all’unione che si è creata tra di noi e che ha permesso anche alle nostre famiglie di sostenersi a vicenda».

Francesco: «Per me il seminario oltre a essere un tempo di formazione è il tempo in cui siamo chiamati a fare verità su noi stessi. C’è tanto  slancio ed entusiasmo in quei momenti, poi quando inizi a concretizzare la tua scelta con anche le rinunce che comporta, il cambiamento di vita, di impegni, di orari, la dedizione agli altri, la mancanza di tempo per te e il metterti in gioco in nuove situazioni come le esperienze pastorali questo a poco a poco ti aiuta a rivedere te stesso a svuotare la tua scelta da un’eventuale emotività o entusiasmo e iniziare invece a trovare le motivazioni profonde che ti portano ogni giorno a dire sì al Signore attraverso soprattutto le relazioni che, al di là degli studi fatti o delle varie esperienze, sono il tesoro più grande che ci portiamo uscendo dal seminario. Penso che quello che ci rimarrà del Seminario sarà il legame che abbiamo creato tra noi tre che condividiamo l’ordinazione presbiterale che oggi condividiamo una relazione fraterna che un domani, soprattutto anche per le difficoltà che il ministero ci porterà, diventerà per noi un punto di forza perché sai che puoi permetterti con loro di sfogarti, parlare a cuore libero».

Come intendete il sacerdozio?IMG_6140

Giuseppe: «Non è un caso che siamo ordinati nell’anno in cui il Papa ha indetto il Giubileo della Misericordia per permetterci di sperimentare la misericordia di Dio. Questo deve segnare il nostro nuovo cammino perché la missione che il Signore ci affida è quella di incarnare la Misericordia di Dio e vivere come ha vissuto Gesù quindi accostarsi alle persone che ci vengono affidate con quell’amore e con quell’attenzione che va al di là dell’aspetto esteriore ma che tocca il cuore; con quella tenerezza che ha caratterizzato l’incontro tra Gesù e il buon samaritano».

Giovanni: «I documenti della Chiesa parlano tanto di come dovrebbe essere il presbitero ma tutto questo deve essere innanzitutto vissuto nell’amore e nella donazione a quella parte di gregge che il Signore ti affida. Il sacerdote deve fare capire ad ogni persona che è amata e voluta da Dio e che non è lì per giudicare o per condannare ma che è una persona come loro che riconosce la propria fragilità umana e la affida al Signore perché senza l’aiuto di Dio non può fare nulla anche perché, come dice la lettera agli ebrei “l’unico e sommo sacerdote è Gesù Cristo” quindi noi siamo semplicemente partecipi del suo sacerdozio.

Mi sono accorto in questo tempo del nostro diaconato che la gente ha bisogno di vedere nella persona consacrata una persona che sappia dare parole di speranza, di conforto e soprattutto una persona che parli del Signore perché spesso la gente nota che il sacerdote non parla più di Dio allora penso che questo sia un venir meno alla nostra missione, alla nostra evangelizzazione. La prima evangelizzazione è innanzitutto il sorriso e gli atti di gentilezza quotidiana con cui si accolgono le persone. Da li poi si instaura quell’amicizia, quel rapporto che porta le persone anche ad aprire il cuore. La scelta del nostro Vescovo è stato un atto di grande fiducia nei nostri confronti perché si è insediato da poco e quindi non ci conosce bene e anche a noi viene data l’opportunità di legarci ancora di più alla sua figura anche perché siamo i primi e quindi c’è questo legame paterno e filiale».

Francesco: «Ho sempre visto la figura del sacerdote come l’uomo che parla a Dio degli uomini e che parla agli uomini di Dio e quindi proprio su questi due aspetti chiedo la grazia al Signore di poter essere proprio quel sacerdote che come Mosè intercede per il popolo ma che soprattutto riesce a portare Dio agli uomini perché mi accorgo che le persone non cercano da noi solo l’accoglienza e la capacità di ascolto ma vedo anche che nel cuore delle persone c’è una sete di Dio e ti vengono a cercare proprio per la scelta che hai fatto per essere aiutati a fare questo incontro misericordioso con Dio, a scoprire un volto nuovo di Dio che non è quello che ti giudica, che ti critica ma queste braccia allargate che ti accolgono, che ti amano e ti perdonano».

Quali sono i vostri sogni per il futuro?

Giuseppe: «La cosa importante è quella di cercare ogni giorno di portare il Signore alle persone che ci circondano, cercando di mostrare con la nostra vita e anche con la nostra fragilità le meraviglie che il Signore ha fatto per noi».

Giovanni: «Innanzitutto la santificazione personale a cui è chiamato ogni battezzato e dunque anche il presbitero perché, attraverso la sua santificazione, possa anche far santificare tante persone che si accostano a lui. Poi è importante vivere bene l’oggi e poter collaborare pastoralmente in armonia insieme ai confratelli e al vescovo».

Francesco: «Anche per la scelta che facciamo non siamo noi a decidere quali sono i progetti per il nostro futuro. Questo viene fatto in un clima di obbedienza e di fiducia nelle mani del vescovo e sotto questo aspetto siamo molto sereni perché abbiamo un padre come vescovo; ce l’ha dimostrato in mille piccoli gesti e attenzioni quindi avere questo rapporto di fiducia, di serenità, di dialogo ci permette di vivere serenamente il futuro ignoto. Domani andremo dove il Signore vuole però è bello sapere che non c’è solo una volontà di Dio che passa attraverso gli uomini ma che c’è anche un padre e dei confratelli che ti accompagnano in questo cammino».


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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