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Pubblicato il 7 Febbraio 2017 | di Redazione

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La bella scuola è migliore della buona scuola

I docenti sono in allarme: “gli studenti scrivono male in italiano”. La prima “cattiveria”, riportata sul sito de Il Fatto Quotidiano, ironizza così: “possono sempre diventare ministri dell’istruzione”. Verrebbe da ridere, ma per non cadere in un terreno banale e scontato, è meglio fare una breve analisi. Perché gli studenti scrivono e si esprimono male?

Forse perché la scuola è rimasta vecchia, anche se ”buona”. Senza parlare dei cambiamenti tecnici, burocratici e formali della scuola di oggi, bisogna capire perché gli studenti “non sanno scrivere”.

Partiamo da un dato ovvio! Per saper scrivere bene bisogna leggere molto. Ma i testi adottati nelle scuole sono molto noiosi e nozionistici! Bisognerebbe leggere le opere dei grandi scrittori e non riempire la testa di date e  di nozioni mnemoniche. Solo leggendo le opere originali si può pensare logicamente e andare in profondità. I manuali addestrano pappagalli, le opere esseri pensanti! Non a caso il filosofo Manlio Sgalambro definì i testi scolastici “manuali di tossicologia” (cioè, testi che non intossicano!).

Autori che risultano molto noiosi, per esempio Leopardi o Kant (ma potremmo continuare all’infinito), potrebbero recuperare la propria dignità se venissero lette le loro opere. Solo interrogandosi sulle grandi questioni, gli studenti possono esercitare le proprie capacità di pensiero, di analisi e di scrittura. Autori presentati come “mattoni” potrebbero, invece, far ragionare gli allievi in maniera completa e dinamica. In più, bisognerebbe ampliare i programmi e far leggere autori contemporanei che ci parlano del nostro tempo, non solo di un passato color tramonto.

Personalmente non fui uno studente modello del Liceo Classico, perché già leggevo ”cose altre” e non monotone. E, proprio ispirandomi a un “libro altro” (il Dialogo teologico di Manlio Sgalambro), nel 2003 vinsi il Premio Nicholas Green. Fu la prova che per saper scrivere bene non bisognava avere la media del 9 o del 10.

Poi, andando all’Università e leggendo i classici del pensiero filosofico e letterario, cominciai ad apprezzare anche quegli autori che al Liceo risultavano essere molto soporiferi per tutti. Ma, oltre a seguire corsi molto interessanti, anche all’Università mi scontrai con quei docenti che proponevano lo studio di manuali. Si andava dall’antica Grecia fino ai nostri giorni. Un fiume di autori, di date e di nozioni che, dopo l’esame, venivano dimenticate dalla memoria. Perché? Per il fatto che non c’era nessun ragionamento in questo approccio alla cultura.

Quindi, cara scuola (e cara Università), sforzati di diventare ”giovane, bella e interessante”, non ”vecchia, buona e noiosa”. Solo con questa vera “riforma” gli studenti sapranno scrivere e superare anche i “maestri”.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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