Ritornare al centro: un futuro per la città di Ragusa
Martedì 18 giugno 2019 si è svolto, presso il saloncino del Vescovado della Diocesi di Ragusa, un incontro di formazione per i volontari del Servizio Civile Universale avente come tema la riqualificazione e la rigenerazione del centro storico di Ragusa.
L’incontro, coordinato dalla Dott.ssa Chiara Facello, ha consentito ai volontari di dar vita ad un dibattito inerente i contenuti della tesi di laurea presentata da due giovani architetti ragusani, Davide Arestia ed Emanuele Leggio, accompagnati dall’arch. Enza Battaglia che ha introdotto il loro lavoro.
La tesi si propone il raggiungimento di un obiettivo di notevole importanza all’interno del contesto urbano caratterizzante la condizione contemporanea, ovvero lo spostamento della concentrazione abitativa dalla periferia al centro della città. Si tratta di un obiettivo connotato da una potenza straordinaria in quanto trascende la dimensione precipuamente architettonica auspicando il cambiamento del paradigma culturale abitativo della contemporaneità.
Tale visione propone un cambiamento di prospettiva rispetto al rapporto tra città ed espansione, una modificazione di rapporti metaforicamente analoga alla kantiana “rivoluzione copernicana della conoscenza” in campo filosofico, in quanto prevede la traslazione da un modello dell’abitare che scorge il progresso nell’espansione indefinita della città a un modello che acquisisce consapevolezza del “limite” della città prevedendo il ritorno nel centro storico quale luogo intrinsecamente ed originariamente destinato al vivere urbano. Una simile concezione conduce all’abbandono di un’idea del vivere urbano basato sull’uso esclusivo dell’automobile, espressione di una cultura che conferisce importanza al superamento di elevate distanze in tempi rarefatti, in favore di un modello abitativo che rinuncia ad una fruizione della città mediata esclusivamente dall’impiego dell’auto in virtù della possibilità di accedere a differenti funzioni urbane poste a brevi distanze ed in luoghi circoscritti. Tale visione non concepisce più la distanza come ostacolo da superare nel più breve tempo possibile, ma come percorso da fruire in intima connessione con il luogo che attraversa, aprendosi a maggiori possibilità di interazione con l’altro, il quale non si trova più trincerato nelle barriere degli autoveicoli.
Gli architetti Leggio e Arestia propongono uno studio della città di Ragusa basato sul concetto di “tipo edilizio”. Si tratta di un tema che riveste notevole importanza all’interno di tutta la storia dell’architettura e che reca una serie di complessità teoriche per il cui approfondimento si rimanda alla vasta letteratura esistente sull’argomento. Alla luce di tale considerazione, chiariamo sinteticamente tale concetto: il tipo è uno schema di spazio che individua le caratteristiche comuni ad un gruppo di edifici. La conoscenza dei tipi edilizi permette di comprendere le regole che hanno guidato la costruzione degli edifici lungo la storia dell’umanità. Tra i maggiori studiosi di tale disciplina figurano teorici come “Gianfranco Caniggia e Gian Luigi Maffei” e “Carlo Aymonino”, citati anche dagli architetti durante l’incontro di formazione.
I due architetti, quasi come dei veri e propri entomologi, conducono uno studio accurato e sistematico sulle tipologie edilizie del centro storico di Ragusa, al fine di comprenderne i processi di costituzione e sviluppo nella storia. Tale studio prende avvio con l’individuazione della “casa terranea” quale nucleo abitativo archetipico ed originario dal quale si sono sviluppate tutte le altre tipologie che connotano il contesto ragusano. La ricerca dei due architetti non si arresta alle singole abitazioni ma si amplia alla considerazione di interi isolati, ovvero agglomerati abitativi delimitati da quattro strade urbane, sino allo studio urbanistico complessivo della città. Attraverso questo tipo di analisi essi vogliono dimostrare come il centro storico sia solo apparentemente indifferenziato celando, invece, una molteplicità di differenze che lo rendono una realtà urbana molto complessa. A piccola scala, e quindi a livello urbanistico, lo studio fa anche emergere una netta differenza tra il centro e la periferia dal punto di vista morfologico e spaziale, il che consente di comprendere come le regole sottese ai processi di sviluppo che hanno determinato le due porzioni della città siano nettamente differenti. Il centro rivela la presenza di un chiaro sistema di regole mentre la periferia ne appare quasi priva del tutto e ciò potrebbe rendere ragione delle problematiche che vi insistono, come già enunciato precedentemente.
Mediante tale analisi, gli architetti Leggio e Arestia propongono una serie di soluzioni per risolvere queste problematiche: demolizione con successiva ricostruzione di edifici, sventramento di porzioni di edifici o di isolati, riconfigurazione degli spazi interni di edifici storici, adeguamenti sismici, svuotamenti di aggregati edilizi al fine di creare nuove piazze o vuoti verdi. I due architetti argomentano anche come alcune di queste soluzioni fossero già state applicate da coloro che avevano costruito il centro storico, pertanto non costituiscono qualcosa di totalmente innovativo ma si inseriscono pienamente all’interno della processualità storica. Si tratta, quindi, di un complesso di metodologie di intervento che si pongono in dialogo diretto con la storia, creando una relazione di continuità, piuttosto che in contrasto come è accaduto in molte esperienze di espansione delle città italiane dal secondo dopoguerra. Questo complesso di soluzioni progettuali si configura come espressione di un modo di fare architettura differente rispetto a molte tendenze attuali in architettura, infatti si tratta di una vera e propria “cura” della città che non si attua mediante grandi ed appariscenti gesti ma attraverso interventi minimi capaci di generare qualità spaziali e riconferire dignità abitativa agli spazi del centro storico.
Il lavoro degli architetti Leggio ed Arestia si configura sicuramente come uno studio di rilevante pregio e costituisce un’analisi di fondamentale importanza sia per gli addetti ai lavori, in quanto valido strumento di analisi, sia anche per i non addetti, in quanto stimolo per riflettere sul senso e sul destino della città contemporanea. Riflettere sul che cosa debba essere la città in cui abitiamo e sul che cosa dovrà essere nel futuro non deve configurarsi solo come un esercizio critico ma come un vero e proprio dovere morale diretto a tutti noi cittadini, in quanto portatori del delicato e fondamentale compito di delineare le sorti del reale quale dimensione di esistenza per coloro che verranno dopo di noi.
David Distefano