Politica

Pubblicato il 5 Ottobre 2021 | di Vito Piruzza

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La democrazia non si può esportare, una nuova consapevolezza sì

È vero, la democrazia non si esporta, abbiamo oramai decine di esempi di “innesti” di democrazia mal riusciti che si sono trasformati in governi fantoccio, in congreghe di corruzione, in dittature “riverniciate”, in vuoti di potere che hanno lasciato spazio ad altri regimi totalitari…

La vicenda afghana è solo l’ennesima dimostrazione di questa che oramai è una evidenza e che dovrebbe indurre noi occidentali in futuro a non nasconderci dietro al dito dell’esportazione della democrazia!

La democrazia non si esporta, ma la consapevolezza si può far emergere!

Gli occidentali hanno di fatto gestito per venti anni la società afghana, magari alcuni l’avranno vissuto, sbagliando, con la sicumera di chi deve “civilizzare” un paese, ma per fortuna nel suo complesso dei semi positivi sono stati inseriti in quella società, semi che rispettando la millenaria cultura di quel popolo ha permesso ai cittadini e alle cittadine afghane di acquisire una nuova e diversa consapevolezza del loro ruolo sociale.

In una interessante intervista un diplomatico italiano in forza alla Nato (il dott. Pontecorvo) ha dato i numeri della popolazione studentesca in Afghanistan: «Noi siamo entrati nel 2001 e c’erano ottocentomila studenti, oggi sono 12milioni di cui la metà … donne»!

Questa è la vera e unica rivoluzione possibile! Quella che fa la differenza rispetto a venti anni fa.

Per i talebani prendere il potere è stata una passeggiata, grazie anche agli errori dei paesi occidentali (che hanno tenuto in vita una amministrazione afghana chiaramente inadeguata, probabilmente corrotta, il cui presidente alla prima difficoltà è fuggito all’estero), è bastato additare “lo straniero” per demotivare un esercito regolare senza più guida.

Sarà molto interessante scoprire se questo potere riusciranno a detenerlo rispetto a un popolo che rispetto a 20 anni fa è profondamente cambiato, almeno in termini di diffusione di conoscenza e di nuova consapevolezza del proprio ruolo sociale, anche e soprattutto in riferimento al ruolo delle donne.

La forza prorompente della conoscenza rispetto al letargo dell’ignoranza sarà il banco di prova del nuovo governo afghano.

La conoscenza è la più forte molla che esista verso la libertà.

Forse proveranno a fare regredire un intero popolo, ma non sarà una cosa semplice, lo dovrebbero fare con l’arma della repressione, un’arma che alla lunga ti sfianca e ti delegittima, più verosimilmente dovranno adeguarsi a una società oramai cambiata rispetto a quella che governavano 20 anni fa.

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