Pubblicato il 29 Marzo 2022 | di Vito Piruzza
0Se il mondo si sposta a Est
Quanti italiani conservano memoria della guerra? Solo le persone ultra ottantacinquenni hanno qualche ricordo di infanzia connesso al conflitto mondiale, 77 anni di pace hanno di fatto ridotto la guerra a un concetto astratto.
Le guerre, e ce ne sono state a decine, sono state sempre fuori dal nostro spazio di osservazione, e anche quelle vicine a noi, come quella dei Balcani, hanno avuto sempre lo status di conflitto regionale che al più hanno richiesto l’invio di alcuni nostri militari in “missione di pace” (a volte per la verità con un concetto eccessivamente “estensivo” di pace), ma mai come in occasione della guerra in Ucraina il conflitto ci ha interpellato in prima persona non solo per la prossimità geografica, ma anche perché la grande colpa dell’Ucraina è stata quella di aspirare ad avvicinarsi al resto dei Paesi europei, e soprattutto perché mai come stavolta il rischio di escalation e quindi di coinvolgimento diretto anche nostro in un conflitto globale è stato concreto.
Che la pace sia uno status consolidato si è rivelato un sogno dal quale ci siamo svegliati bruscamente!
Questa nuova consapevolezza ci pone davanti a una serie di problematiche che riguardano sia l’immediato che il futuro prossimo e a cui responsabilmente non possiamo e non dobbiamo sottrarci.
Nell’immediato il problema è quello di fare si che questo conflitto non solo non si estenda, ma che cessi prima possibile con il ritorno alla diplomazia e questo per noi significa mantenere un equilibrio molto delicato tra la volontà di non abbandonare al proprio destino un popolo che sta subendo una invasione violenta e la necessità di non coinvolgersi direttamente come Paese belligerante.
Ma nel lungo periodo non c’è dubbio che questa guerra ha accelerato dei processi che erano già in atto. Lo sviluppo dei giganti asiatici sposta ad oriente il baricentro del mondo con un ridimensionamento dei paesi europei e una Russia impoverita dalla guerra e dalle sanzioni, ridimensionata nel ruolo internazionale e che guarda sempre meno all’Europa e sempre più all’Asia, e il nuovo crinale della Storia vedrà da una parte quelle che i politologi chiamano “democrazie illiberali” e dall’altra i paesi a democrazia compiuta (per avere conferma di questo scenario basta guardare l’espressione di voto dell’ultima assemblea dell’Onu sull’invasione dell’Ucraina).
In questo mutato quadro l’Europa può scegliere di restare marginale o, e questa sarebbe la scelta più saggia, decidere di giocare un ruolo nuovo progredendo nel percorso di unificazione e decidendo di dotarsi di una difesa e di una politica estera comune.
Questo da una parte ne rivaluterebbe il ruolo internazionale, diventerebbe infatti quel «gigante dalla forza gentile» che auspicava il compianto Tommaso Padoa Schioppa (nelle democrazie compiute la “forza” è sempre mitigata da un’opinione pubblica libera e influente), e dall’altra avrebbe un effetto calmierante dell’influenza esercitata sulla Nato dagli Usa la cui politica estera è risultata spesso troppo legata al presidente di turno e alla sua visione geopolitica.