Vita Cristiana

Pubblicato il 29 Settembre 2024 | di Giuseppe La Placa, Vescovo

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Il Giubileo della Chiesa di Ragusa

Dal 1 ottobre la Chiesa di Ragusa celebra il suo Giubileo, indetto dal vescovo monsignor Giuseppe La Placa, per celebrare il suo 75. anniversario di fondazione e i suoi 70 anni di autonomia. Un Giubileo che si inserisce provvidenzialmente nel solco del Giubileo della Chiesa universale voluto da Papa Francesco. Pubblichiamo i primi capitoli della lettera pastorale del vescovo nei quali illustra il senso e il significato di questo Giubileo.

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L’anno pastorale che ci apprestiamo a vivere ha per noi un importante valore simbolico, poiché il prossimo 6 maggio 2025 ricorre il 75 anniversario della fondazione della nostra Chiesa locale, da parte di Papa Pio XII. Nel Giubileo ordinario della Chiesa universale, quindi, si innesta quello della nostra Chiesa iblea. È questo un motivo di grande gioia per cui ringraziare il Signore: sono tanti, infatti, i doni e le Grazie che ha concesso a questa Diocesi e a questo territorio, ricco di storia, tradizione, bellezza e fede. Tutti noi siamo chiamati, ancora oggi, a ricordarli, conoscerli e continuare a scriverne, a portarli avanti, ad amarli e custodirli, come anche ad alimentarli.

Nella Chiesa particolare «sussiste la sola e unica Chiesa cattolica», in un’intima comunione della quale è espressione. Essa è la porzione di popolo di Dio che viene affidata alle cure pastorali del Vescovo, coadiuvato dal Presbiterio: riunita dallo Spirito Santo, essa è chiamata ad aderire al suo pastore nella comunione del Vangelo e dell’Eucarestia. Il ministero del Vescovo manifesta, nella pienezza della presenza e dell’azione, la Chiesa di Cristo una, santa e cattolica. La sua apostolicità, inoltre, deriva, per trasmissione, dall’autorità del Collegio degli apostoli guidato dal successore di Pietro, come anche il suo insegnamento, che contiene il medesimo deposito di verità. L’antico adagio dice infatti, ubi episcopus ibi eeclesia, ad indicare che nella persona del Vescovo è garantita la comunione con l’intera Chiesa di Cristo, cum Petro et sub Petro.

La storia della nostra amata Diocesi è caratterizzata da una grande fede, espressa da una genuina donazione al Signore. L’esempio delle beate Maria Schininà (1844-1910), fondatrice delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, e della carmelitana Maria Candida dell’Eucarestia (1884-1949), entrambe beatificate da Giovanni Paolo II – rispettivamente nel 1990 e nel 2004 – ci spingono nell’ardore della carità al servizio verso gli ultimi e nella preghiera e contemplazione verso la santa Eucaristia. Le due beate sono l’espressione affiorante di un radicamento forte nell’Eucaristia che, attraverso una spiccata devozione eucaristica è senz’altro uno dei tratti che contraddistinguono da sempre l’identità spirituale della nostra Chiesa locale: ne dà ulteriore testimonianza il grande numero di “santi della porta accanto” (Gaudete et exultate, 7) che, in modo alacre e discreto, hanno impreziosito con la loro fede e la loro santità feriale la vita della diocesi.

Anche la testimonianza della venerabile Suor Santino Scribano (1917-1968), delle Suore del Sacro Cuore di Gesù., ha lasciato un segno indelebile nel cuore dei malati e dei sacerdoti che sperimentarono in lei una sorella e una madre.

Il cammino della nostra Chiesa locale è stato arricchito anche dalla testimonianza luminosa di tanti sacerdoti, religiosi e religiose, laiche e laici, che con fede e generosità si sono spesi per l’edificazione del Regno di Dio.

La stessa teoria dei Vescovi che si sono succeduti in questa sede, ha tracciato un cammino improntato all’edificazione della catechesi, attraverso un’autentica trasmissione della fede.

La figura di mons. Francesco Pennisi (1955-1974), Vescovo di Ragusa dal 1955, dopo avere svolto – sin dalla fondazione nel 1950 – iI servizio di Vicario generale come Vescovo ausiliare di mons. Ettore Baranzini, Arcivescovo di Siracusa, rappresenta quel seme che nel tempo ha dato frutti rigogliosi. Egli ha di fatto organizzato le strutture diocesane che conosciamo tutt’oggi e ha formato tanti sacerdoti che, nel tempo, hanno educato le nostre comunità.

Mons. Angelo Rizzo (1974-2002) ha poi continuato energicamente l’opera del predecessore, fondando diverse nuove parrocchie e celebrando il primo Sinodo diocesano, proprio per rilanciare e rinnovare la comunità ecclesiale alle soglie del terzo millennio

Sulla scia del rinnovamento ha proseguito il suo successore, mons. Paolo Urso (2002-2.015), il cui tratto umano e la lungimiranza pastorale hanno arricchito il cammino della diocesi.

Anche mons. Carmelo Cuttitta (2015-2021), mio immediato predecessore, sebbene costretto a lasciare per motivi di salute, ha servito questa nostra comunità adempiendo fino alla fine il suo importante servizio.

A questi pastori, scelti dal Signore secondo il suo cuore, va tutta la nostra gratitudine per la consegna che ci hanno lasciato, nella coscienza evangelica che ci rende consapevoli che c’è chi semina e chi raccoglie i frutti; frutti che mai ci appartengono ma che sono per tutta la comunità.

Ragusa ha avuto anche la gioia di dare alla Chiesa tre Vescovi: Mons. Carmelo Ferraro, Vescovo di Patti e poi Arcivescovo di Agrigento; Mons, Mario Russotto, mio Vescovo a Caltanissetta e che mi ha. ordinato in questa sede; Mons. Giambattista Diquattro, attualmente Nunzio Apostolico in Brasile.

La nostra gratitudine va anche a tutti i sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici che, figlie e figli della nostra diocesi, servono il Signore con gioia e dedizione orante laddove sono stati chiamati ad andare, in giro per il mondo, con l’unica finalità di realizzare l’edificazione della Chiesa per il regno di Dio.

Un pensiero grato va anche a tutti coloro che ci hanno preceduto nella casa del Padre.

 

“Edificare” è un verbo che indica il costruire dalle fondamenta, dal basso, come quando si costruisce un “edificio”. Il nostro lavoro è quello di essere bravi proprio nell’edificare, partendo sempre dal basso: la presunzione di partire direttamente dai piani più alti, sarebbe senz’altro causa di problemi e gravi delusioni. Tuttavia, ciò non significa che il nostro lavoro di edificazione debba girare a vuoto, facendoci sprecare energie; né che questa edificazione è soltanto metaforica o, peggio, sostitutiva di qualcosa che non si vedrà mai, come un continuo rimando ad un fine che non verrà mai realizzato..

Essere inseriti nella storia – nella teologia della storia – significa piuttosto che ciò a cui lavoriamo noi oggi, ciò per cui ci adoperiamo, è costituito da un contesto provvidenziale più vasto, finalizzato alla realizzazione della volontà di Dio; non un semplice storicismo, quindi, meramente volto a comprendere e riportare ogni azione al concreto momento storico, ma un guardare criticamente alla storia con una finalità che, a partire dal Nuovo Testamento, ha anche una visione escatologica,

 

La bolla di indizione del prossimo Giubileo ordinario della Chiesa universale, ad esempio, ha per titolo “Spes non confundit” – la speranza non delude – come scrive San Paolo ai Romani (5,5). Il lavoro del cristiano si nutre della virtù teologale della speranza, Non dobbiamo adoperarci per grandi cose, ma, nel nostro quotidiano, possiamo e dobbiamo sperare, per continuare – con il talento che il Signore ci ha dato – ad essere “edificanti”, per noi stessi e per coloro che ci guardano. La virtù teologale della speranza è la virtù che ci permette di desiderare il regno dei Cieli e la vita eterna come la nostra intima felicità; essa ci fa porre la fiducia nelle promesse di Cristo, per le quali noi viviamo,

Il nostro compito, quindi, è quello di fiorire in questa Chiesa ragusana dove il Signore ci ha posto, inseriti nella frazione di storia che il computo umano del tempo annovera in questo nostro secolo, ma che nella visione di Dio è declinato nell’oggi provvidenziale e profetico. Così come altri prima di noi hanno iniziato ad edificare questa Chiesa, altri ancora continueranno a farlo dopo di noi, «nell’attesa che si compia la beata speranza», proiettata in un compimento definitivo che avrà il suo culmine quando il Signore tornerà.

 

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