Pubblicato il 14 Aprile 2021 | di Redazione
0La testimonianza di Aldo e Simona: Amare con resilienza!
“[…] Il mistero dell’amore è più grande del mistero della morte. Non bisogna guardare che all’amore”: queste parole sigillano la fine del dramma wildiano Salomé (1893) in cui l’omonima protagonista, dopo aver fatto cadere la testa del Battista e prossima alla morte, denuncia con fervore la forza dirompente dell’amore che soppianta il potere della morte e senza il quale l’essere umano appare incompleto.
Abbiamo pensato di tirare in ballo questa citazione come interpretazione del nostro concetto dell’amore e nello specifico calata nel nostro status di coppia di fidanzati. Nel nostro stare insieme ci siamo spesso interrogati su cosa fosse per noi l’amore e siamo giunti a una conclusione comune: l’amore è un costruirsi come un “noi” nel rispetto dell’individualità di ciascuno; è un crescere faticoso ma appagante perché irto di sfide volte a superare le difficoltà e i limiti del proprio ego per vivere in pienezza e armonia con la persona amata. Il tutto rappresenta un cammino infinito verso la perfettibilità se a ciò si aggiunge una concezione dell’amore anche in ottica cristiana. Non vi è, infatti, scissione tra l’amore per l’altro/a e l’amore verso Dio ma solo continuità e compenetrazione tra l’umano e il divino.
Di tale processo osmotico si alimenta la nostra storia iniziata nel settembre 2015 dopo circa due anni di conoscenza nata in seno all’Azione Cattolica da sempre facente parte della nostra identità. Da subito è nata un’intesa; il contesto cristiano che vi ha fatto da sfondo adesso lo interpretiamo come un segno, quasi un sì dall’Alto al nascere di un sentimento che si sarebbe evoluto.
Il periodo di conoscenza è stato rivelatore di una serie di affinità elettive (dall’avere lo stesso colore preferito al credere nei medesimi valori) ma anche di debolezze comuni (il voler raggiungere l’estrema sicurezza in determinate situazioni) e di difetti.
Prima di intraprendere la nostra storia, ognuno dei due ha riflettuto su ciò che lo stare insieme avrebbe comportato. L’irruzione di una persona nella propria vita, dopo un periodo di stasi nella sfera sentimentale o esperienze con altre persone, è sempre una rivoluzione e mette in moto il cuore (le cui ragioni sfuggono al cervello per citare Blaise Pascal) ma anche le paure e le perplessità.
Un rapporto sentimentale non si vive in funzione di quello che potrebbe accadere (questo sarebbe il diktat della ragione) ma nell’hic et nunc che deve sempre perpetuarsi, rinvigorirsi e riplasmarsi.
Il cuore ha avuto la meglio e, da amici, siamo diventati fidanzati (galeotta fu la Festa di San Giovanni a Monterosso il 7 Settembre 2015) aprendoci a una nuova esistenza in cui abbiamo approfondito e sperimentato le affinità elettive che ci legano tuttora.
La fase dell’innamoramento è strana, ti stravolge e travolge al tempo stesso, ti fa capire che la tua ricerca di qualcuno da amare e da cui farti amare non è stata vana, ti sembra quasi di entrare in un mondo parallelo e sconosciuto. Ci si ritrova ad essere piccoli/e principi/principesse bisognosi/e di lasciare momentaneamente la propria realtà (il conosciuto) e che anelano ad affrontare l’ignoto scoprendovi il senso del proprio esistere: la “cura” di chi si ama.
Abbiamo cominciato a vivere pienamente ogni spazio e momento: le prime uscite insieme fuori porta per non essere scoperti, la contemplazione di un semplice paesaggio, il tempo trascorso con le nostre famiglie, la parrocchia e i momenti di formazione spirituale, le tappe importanti della nostra vita (il raggiungimento della laurea ad esempio o la realizzazione professionale), alcuni viaggi (quando ci si poteva spostare), le uscite con i rispettivi amici, l’Acr. Seguiamo, infatti, un gruppo di ragazzi (della fascia Acr 12/14) che, oltre al nostro cammino cristiano, costituiscono parte della linfa vitale del nostro rapporto.
Abbiamo condiviso e condividiamo momenti molto felici inframmezzati anche da altri più tristi (come la perdita di persone a noi care) sostenendoci sempre a vicenda senza bisogno di chiedere all’altro/altra di esserci, di donare il proprio tempo. Quando si ama ogni gesto diventa spontaneo e non è un peso, si rispetta l’altro/a nella sua dimensione più intima, fisica e psicologica.
La società attuale (che con un neologismo potremmo definire ultrapostmoderna) ci rimanda spesso immagini di giovani incapaci di amarsi veramente e il cui donarsi si riduce ad un mero appagamento di sensi e a un mutuo scambio di soddisfazione tra eguali. Ciò significa decretare la morte dell’amore sminuendo l’alto valore della sessualità come appello e partecipazione a un amore supremo e universale. Nulla di più sbagliato!
Questi anni di fidanzamento sono stati anche farciti da alcune incomprensioni e contrasti spesso derivanti da diversità di punti di vista (guai se non ci fossero!) o comportamenti impulsivi. La complicità, il dialogo e il confronto si sono poste come la carta vincente per superare i nostri divari (ad esempio la maggiore introversione dell’una rispetto all’altro), per smussare quelle spigolature più appuntite dei nostri caratteri (l’orgoglio o la testardaggine). Omnia vincit amor diceva il grande Virgilio.
Abbiamo attinto e continuiamo ad attingere tanta ricchezza l’uno dall’altra consapevoli e desiderosi di avere ancora tanto da vivere, imparare e scoprire insieme proiettandoci in una futura dimensione matrimoniale.
“Il più bello dei mari è quello che non navigammo […] i più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti” avrebbe detto il poeta turco Nâzim Hikmet.
Aldo e Simona