Società

Pubblicato il 31 Ottobre 2022 | di Redazione

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Il grido dei poveri e quello della terra

Quale è la bellezza di questo mondo? Che siamo tutti diversi e tutti riconoscibili, questa diversità ci contraddistingue e ci rende speciali però la vera bellezza è che tutte queste diversità convivono, coesistono all’interno di un unico mondo. Come si pone l’uomo difronte a questa diversità? Pur essendo la diversità una cosa bellissima, tante volte noi ci spaventiamo, fondamentalmente per due ragioni: la prima è che la diversità comporta uno sforzo fisico, perché bisogna studiare questa diversità per capirla, quindi ci vuole pazienza, sforzo, attenzione, dedizione. La seconda ragione è appunto che la diversità ci fa paura, noi siamo spaventati da tutto ciò che non è come noi, da ciò che non conosciamo. La paura è magari quella di aprirci, esporci alla sofferenza e allora succede che dinnanzi alla diversità noi andiamo a crearci tutto un velo di giustificazioni, di scuse per non spalleggiare questa diversità. Spaventati così tanto da questa diversità, si crea uno spazio e si mette tutto quanto ai lati, ai margini, in altre parole noi prendiamo le distanze da questa diversità. Perciò all’interno di questo mondo, ognuno di noi si crea un altro mondo tutto suo, dove fa entrare le persone uguali a se stesso e se qualcuno di diverso volesse entrare in quel mondo personale ne uscirebbe subito sentendosi troppo a disagio. Proprio per questi motivi, quella diversità che tanto potrebbe renderci speciali, si trasforma in omologazione, siamo tutti uguali e non ci diversifichiamo più. Papa Francesco oggi ci invita incessantemente ad entrare in questi margini, abitarli, perché “abitare” significa vivere dentro, tante volte invece noi passeggiamo attorno a questi margini, a queste periferie, luoghi in cui troviamo il povero. In secondo luogo: come ci relazioniamo con il povero? Ci prendiamo cura del povero o facciamo assistenzialismo? Tante volte noi non andiamo incontro al povero, lo “teniamo buono”, magari regaliamo un pacco di pasta, dei vestiti e in questo modo salvaguardiamo la nostra coscienza, perché pensiamo di aver fatto un’opera di bene. Per avvicinarci al povero, non bisogna accontentarlo, ma capirne il linguaggio, noi non sappiamo come entrare in questi margini, in questa periferia; perciò andiamo di striscio, passeggiamo. Questa cosa è molto triste, pensandoci, perché è lì che facciamo la diversità; non esistono tanti mondi, ne esiste solo uno, come uno è il respiro, diversificato da tanti fiati certo, ma alla fine il respiro è solo uno. Chi ha pensato questo mondo così è uno soltanto e nel momento in cui noi non ci prendiamo la responsabilità, noi andiamo a tradire il rapporto più importante che è quello con Dio. Un solo anello rovinato può portare a rovinare tutto l’ecosistema. Prendiamo ancora in considerazione i poveri. Purtroppo, la povertà, come conseguenza, porta rabbia ed anche tanta violenza, che inevitabilmente si riflette, si riversa nella società e anche in quel povero che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato; dinnanzi a questa situazione non possiamo stare a guardare. Il titolo dell’articolo: “Il grido del povero” che senso ha? Perché il povero deve gridare? Perché non ci sono più orecchie pronte ad ascoltare! Non riusciamo più a sentire, o peggio non vogliamo più sentire.

I disagi del mondo, dell’ambiente sono veramente sotto gli occhi di tutti e noi non riusciamo a vederli; la terra grida e continuiamo a chiudere le orecchie… e gli occhi.

Siamo egoisti perché non pensiamo alle generazioni future, cioè io vivo in questa epoca e non sto lasciando nulla a chi viene dopo di me, questo ci deve far pensare. Quello che noi abbiamo ricevuto in dono, quindi quello che abbiamo trovato, lo dobbiamo lasciare in dono alle generazioni future.

Raffaella Refano

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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