Pubblicato il 28 Febbraio 2014 | di Gian Piero Saladino
0Armonia, amore, condivisione, giustizia, ecco la casa del Padre… e della Madre
Nella tradizione cristiana, facendo riferimento alle parole di Gesù di Nazareth nel Vangelo di Giovanni (cap.14,2), si usa l’espressione “casa del Padre”, riferendola al luogo che Dio ha preparato per l’Uomo e alla condizione interiore in cui l’Uomo ritrova la sua serenità più profonda, perché si sente accolto, al dì là temporale delle sue esperienze personali, in un abbraccio d’amore infinito che appaga la sua paura e la sua ansia di vivere e di morire.
In particolare, in quella pagina evangelica Gesù dice che «nella casa del Padre vi sono molte dimore», perché vuole rassicurare i discepoli circa il fatto che Dio accoglie tutti perché è carità, e in virtù della carità ciò che hanno i singoli diventa comune a tutti.
Quando uno ama, possiede nell’altro anche ciò che egli personalmente non ha e, in pratica, nella casa del Padre non è possibile l’invidia, poiché vi regna l’unità nella carità. Da quella casa nessuno viene escluso, e ciascuno riceverà la sua dimora secondo il merito, un merito che non è misurabile quantitativamente, in base alle opere compiute, ma solo distinguibile qualitativamente considerando tutti gli uomini uguali nella loro diversità, legati tutti al Sommo Giudice da un vincolo di figliolanza e non da rapporti di scambio o da una graduatoria prestazionale.
Perciò, il cuore cristiano, insieme a quello non credente che ne condivide la sensibilità autenticamente umana, deve rigettare l’opinione di chi sostiene che le molte mansioni autorizzano a distinguere le dimore, a immaginare che alcuni (gli innocenti, i santi, gli eletti) abbiano ospitalità e privilegi nella casa del Padre e altri (gli erranti, i colpevoli, i peccatori) no. La casa del Padre accoglie tutti, e lo fa a priori, senza disparità di trattamento fra i diversi figli.
Un Padre lo fa sostenendo il figlio più fragile, meno capace, più bisognoso, e chiamando alla corresponsabilità i figli più capaci, portatori di maggiori virtù e di migliori talenti. In un’epoca in cui il turbamento e le divergenze sono alti, perché è bassa la soglia di resistenza alla conflittualità insita nel cuore della gente, e si trova ovunque qualcuno che dice “noi siamo salvi, voi siete nell’errore”, le parole di Gesù «nella casa del Padre mio ci sono molti posti» dicono che non è necessario che tutti la pensino allo stesso modo, ma che tutti abbiano atteggiamenti di comprensione, di servizio e di amore reciproco.
Nella casa del Padre vi sono molte dimore
L’esempio e non solo le parole di Papa Francesco sono in questi mesi la conferma di quest’immagine “pedagogica” della casa del Padre, sono la riprova che il messaggio evangelico, al di là degli errori di tanti suoi testimoni, risponde a una necessità di pacificazione fondata sulla giustizia intesa come fraternità rassicurante per tutti. Il suo messaggio per la ormai prossima Quaresima, che dovrebbero leggere tutti e non solo i cristiani, conduce alla “casa del Padre”, in qualità di primi ospiti e testimoni, i poveri di questa Terra, veri eletti del Padre, che gridano la loro verità storica ed esistenziale (Dossetti direbbe anche teologica), a chi oggi ha ceduto alla miseria.
«La miseria – dice Papa Francesco – non coincide con la povertà: la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza». Nella “casa del Padre”, quindi, il potere, il lusso e il denaro non hanno senso, poiché diventano idoli che spezzano l’armonia della casa comune. Nella “casa del Padre”, prevale l’esigenza di un’equa distribuzione delle ricchezze, poiché nelle coscienze dei figli di un vero padre abitano la giustizia, l’uguaglianza, la sobrietà e la condivisione.
Ma se «Dio è papà, più ancora è madre», disse Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I per soli 33 giorni, nel 1978. In realtà citava una frase dell’Antico Testamento e interpretava alcuni passi del Vangelo di Matteo (cap.23,37), ma l’espressione fece scalpore, perché riaffermava ancor più con vigore l’idea che l’uomo è oggetto d’amore sconfinato, talmente sconfinato che il Dio che lo vive non può essere solo Padre, ma deve avere con sé ed in sé anche l’essere Madre. Sappiamo, come ci insegna la migliore psicologia, che in realtà non siamo figli di un padre e/o di una madre, ma tutti di una relazione d’amore fra loro.
Per me, che mi sforzo di vivere il dono della fede come figliolanza consapevole del principio del bene quale relazione accogliente e maieutica, l’idea della “casa” è quella di un luogo e di un tempo inafferrabili in cui ti attendono sempre, anche dopo morti, un padre e una madre amanti, che ti amano.